Sopra, uno scorcio del Golfo dell'Asinara. Immagine di Easyviaggio.
Quando si presenta l’occasione di organizzare una visita all’Isola dell’Asinara, accetto sempre con entusiasmo. Ho un bel ricordo dell’esperienza lavorativa vissuta in quella terra, ricca di fascino per la natura e le storie che custodisce. Pirati, lazzaretti, cimiteri di guerra e istituti di reclusione hanno segnato la sua storia antica e recente; assaporata con la giusta calma, l’Asinara è una terra dove tanto si può vedere ma tantissimo si può immaginare. Si possono immaginare le imbarcazione cariche di prigionieri e di malati lasciati a morire, le belle storie di detenuti che speravano di scontare lì la loro pena per poter mantenere un po’ di libertà, e quelle di fughe rocambolesche sull’isola madre, quasi sempre interrotte nel breve tratto di mare che le separa.
Si può anche andare molto più indietro nel tempo, e immaginare questa terra quando l’uomo non c’era, ma quando neanche l’Italia c’era. La Sardegna e l’Asinara sì, pur posizionate diversamente, addirittura parte su un continente, parte su un altro. E qui di immaginazione ce ne vuole tanta! Le prove? Nei pressi della falesia di Stretti, dove Mare di fuori e Mare di dentro distano una manciata di metri, ci appaiono delle lenti di rocce, nerissime, come solo le rocce dei fondali oceanici sanno essere. Lì, in un luogo apparentemente poco significante, si può immaginare una lunga, lunghissima storia, vecchia di centinaia di milioni di anni, paragonabile, a ritroso, a quella che oggi porta l’Africa e l’America del Sud ad essere divise da migliaia di chilometri di Oceano Atlantico.
Tutti abbiamo sentito parlare di Pangea, un antico Super Continente che riuniva le terre emerse. Ma c’è un prima già scritto e un dopo ancora da scrivere. Nel prima ci sono stati altri super continenti con conseguenti processi di frammentazione, nel dopo altri ancora ce ne saranno. In modo impercettibile, costante e inesorabile, il nostro pianeta continua a cambiare, a trasformarsi. È la conferma dell’Attualismo teorizzato da Hutton, forse il primo geologo della storia, e del Gradualismo di Lyell, altro geologo, tra le altre cose ispiratore del genio di Charles Darwin. Il tempo della natura è molto più profondo del nostro, per cui al geologo spetta il compito cercare indizi nel passato per leggere il presente e prevedere il futuro.
Sopra, una ricostruzione cartografica della Pangea. Immagine di Wikimedia commons.
Nel prima e nell’ora la Sardegna e l’Isola dell’Asinara sono state protagoniste di questi processi di trasformazione. Siamo nel periodo Carbonifero dell’era Paleozoica, più di 300 milioni di anni fa. La maggior parte delle terre emerse si concentra nella fascia dei tropici, dove abbondano foreste colonizzate da giganteschi artropodi. Due supercontinenti, Gondwana a Sud e Laurussia a nord, separati da un oceano e da microcontinenti interposti, detti terrane, iniziano un processo di convergenza. Il margine di Gondwana venne subdotto dal margine di Laurussia fino a saldarvisi, intrappolando le varie terrane. Nacque così un imponente catena montuosa, la catena ercinica, dal nome di una paleo foresta tedesca, o catena varisica, dai varisci, un’antica tribù germanica.
Sopra, una ricostruzione cartografica del processo di convergenza tra i due supercontinenti di 300 milioni di anni fa: Gondwana a sud e Laurasia a Nord. Immagine di Wikimedia Commons.
Il Pangea si sta oramai definendo, cosi come I’oceano Tetide che vi si insinuava all’interno, mentre i fenomeni magmatici intrusivi post-orogenetici di tale evento lasciavano in Sardegna un robusto zoccolo granitico variamente affiorante a oriente e nell’Isola di Maluentu, qui da presso. La posizione della Sardegna e dell’Asinara durante questo importante evento geodinamico ha due chiavi interpretative. Secondo la prima, e unica fino al nuovo millennio, esse si collocavano trasversalmente rispetto allo scontro ma, e questo è l’interessante, con l’estrema parte nord della Sardegna e dell’Asinara, appartenente ad uno dei terranes detto Armorica e il resto a Gondwana. La linea che segna il passaggio da un continente all’altro, definita dagli esperti “linea PosadaAsinara” rappresenterebbe, dunque, una vera e propria sutura tra due zolle un tempo separate dall’Oceano Sud Armoricano, la cui presenza è ben visibile sull’isola in quelle lenti nerissime di Stretti di cui si è detto, interpretate dal gruppo di lavoro del prof.Carmignani come “relitti” di eclogiti derivanti da basalti oceanici intensamente metamorfosati dalle tensioni legate a subduzione di crosta oceanica, quella che, appunto, separava Gondwana da Armorica. Recenti lavori hanno ipotizzato una seconda interpretazione, che rilegge l’origine del basamento sardo-corso tendendo a escludere che la Linea Posada - Asinara sia una vera e propria sutura oceanica. Mi rendo conto che è un approccio poco rigoroso, ma io continuo a propendere per la prima ipotesi.
prof. Giuseppe Tumbarinu
Articolo apparso in diversa forma qui. Il coordinamento della rivista "I quaderni del De Castro" è a cura del prof. Brenna.
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