Passa ai contenuti principali

Noi siamo la generazione "Snowflake": tanto buonismo e un unico pensiero


Claire Fox è un’intellettuale inglese, libertaria, già militante del Partito comunista rivoluzionario. Ha scritto un libro purtroppo non disponibile in lingua italiana, intitolato "I find that offensive!" (Lo trovo offensivo!), che ha avuto il merito di affrontare il problema dell’influenza del pensiero unico politicamente corretto sulle nuove generazioni. Claire è una voce fuori dal coro negli ambienti progressisti. Per le sue prese di posizione, è divenuta oggetto di critica da parte del suo stesso mondo d’appartenenza politica, in particolare a causa delle sue idee contro il multiculturalismo e il “politically correct”. Il termine “Snowflake” (fiocco di neve) deriva dal celeberrimo romanzo di Chuck Palahniuk, "Fight Club", e, nel 2017, lo scrittore rivendicò il merito di averlo coniato. 

Cosa significa. Lo stesso termine fu ripreso nel 2016 proprio da Claire Fox e, dall’uscita del suo libro, viene utilizzato per indicare tutti quei giovani, in particolare americani e britannici, che trovano offensivo e inaccettabile tutto ciò che contrasta col loro modo di pensare, tanto da desiderarne l’eliminazione, perché non in grado di opporvi alcuna argomentazione valida. In questo senso, la generazione Snowflake si dimostra incapace di sottoporre a critica qualsiasi visione imposta dall’alto.

Il politicamente corretto funziona così. Secondo la Fox, la ragione della generazione "fiocco di neve" non interviene a esaminare un problema di qualsiasi natura, né a confrontarsi con opinioni diverse sullo stesso tema, perché l’unico metro di valutazione è quello dogmaticamente condiviso da una certa ideologia. Il pensiero diverso è offensivo, quindi necessariamente violento e degno solo di emarginazione e condanna. Di pari passo, parole come “grasso”, “nero”, “razza”, vengono viste da questa con sospetto, percepite con disgusto e rifiutate perché ritenute intrinsecamente discriminatorie, in quanto si ritiene che il loro utilizzo presupponga sempre un giudizio di valore e non descriva, invece, una "realtà oggettiva" (ipse dixit). L’ideologia e il sentimentalismo sono le guide che conducono a decisioni prese su scala nazionale e mondiale, portando il dibattito pubblico ad un appiattimento sempre più autoreferenziale e chiuso in se stesso. Il contraddittorio è quasi bandito e, quando viene ammesso, è oggetto di feroce derisione o di parziale censura. Tutto è teso a tutelare e rafforzare la sensibilità individuale, piuttosto che a insegnare ai ragazzi a sviluppare una propria autonomia di pensiero e la capacità critica. E un individuo troppo sensibile è anche molto vulnerabile e manipolabile, imbrigliato in logiche “di gregge” che hanno la sola funzione di preservarlo dall’isolamento sociale. Se il dibattito intellettuale è così sterile e privo di originalità, è perché le menti non allineate non vengono valorizzate e, là dove si tenta di dar loro spazio, ci si sente turbati e costretti alla censura per non dare troppo scandalo. Ma davvero è così?

Valentina Nanni 



Commenti

Post popolari in questo blog

Altissima recitazione: da Oristano a Siracusa, l'exploit teatrale del De Castro

 Sta circolando, su Facebook, il video promozionale della tragedia "Medea", interpretata dal gruppo di attori del De Castro di Oristano. Grazie alla guida del regista sardo Matteo Loglisci, la piece è riuscita a incassare il meritato successo. "La Medea del De Castro - si legge nel sito Sardanews.it - era già andata in scena al Liceo, e al Festival internazionale del teatro classico di Siracusa, dove ha riscosso unanimi apprezzamenti. La donna della Colchide, sedotta e abbandonata, che per vendicarsi uccide i figli, è stata interpretata da Sara Abis (nella foto di copertina), affiancata da Mattia Capotosto (Giasone), Agata Casula (la nutrice), Ludovica Maccioni (il pedagogo/Egeo), Vittoria Vacca (il pedagogo), Sebastiano Corona (Creonte), Elisabetta Pippia (il nunzio), Gioia Muroni (Glauce), Anna Murgia, Gaia Flore, Michela Fadda, Giorgia Mandras (il coro)".   L'ultima rappresentazione della tragedia è stata venerdì 19 luglio, in occasione del Dromo

«Come tutti i sogni»: il racconto "della faccia contro il muro dal lezzo stantio"

Entrai in quella specie di casa. Faceva freddo, ma ero sudata per la tensione. Erano in due a spingermi. Mi facevano perdere l’equilibrio ogni volta che cercavo di cambiare direzione. Un robusto fazzoletto grigio mi copriva gli occhi, impedendomi di vedere. Improvvisamente, sentii che al mio fianco non vi era più nessuno: i miei rapitori mi avevano lasciata sola, in piedi, con le mani legate. Provai a camminare, cercando una parete su cui poggiarmi, procedendo a passi lenti e stentati. Passi pieni di terrore. E il tempo sembrava non scorrere mai. Finalmente giunsi a un muro. Iniziai a muovermi per capire cosa ci fosse intorno al mio corpo, in quel buio totale. Stanca e spossata, provai dunque a sedermi. Non so quanto tempo passò nel silenzio, ma poi accadde: la stanza prima vuota si riempì di agghiaccianti rumori e avvertii di nuovo la presenza di qualcuno attorno a me. Qualcun altro mi slego delle corde e mi placcò contro il muro. Urlai. Nessuna risposta. La paura era tanta, p